Quando nel luglio 1943 si palesò la possibilità giuridica di far rivivere pubblicamente l’A.S.C.I., Don Barbera cercò di ricostituire i reparti; ma ciò non fu possibile in quanto le vicende collegate all’8 settembre costrinsero a ritornare nel silenzio e nell’aspettativa.

Con l’avvento della Liberazione riprese ufficialmente, anche ad Albenga, l’attività dell’A.S.C.I. Le richieste di iscrizione furono talmente numerose da rendere necessaria l’apertura di tre Reparti: Albenga 1°, costituito esclusivamente da lupetti, che adottò il fazzoletto granata con bordo giallo; Albenga 2° (fazzoletto granata con bordo azzurro) ed Albenga 3° (fazzoletto granata con bordo verde) in cui vennero censiti solo esploratori. 

L’assistenza ecclesiastica dei reparti venne assegnata a Don Vito Bixio; furono nominati Direttori: Filippo Basso, Pino Rapa e Leo Galluzzo rispettivamente; Roberto Ferrero, uno dei ventiquattro esploratori che diedero vita al reparto Albenga 1° nel 1945, ricoprì la carica di Commissario di Gruppo; il Commissariato di Zona venne assegnato a Ennio Della Torre e, in seguito, a Carlo Benso (Capo Gruppo dell’Albenga 1° dal 1924 allo scioglimento). Il 23 giugno 1946 vennero benedette le nuove fiamme dei tre reparti. L’interesse per lo scoutismo si estese: i giovani che frequentavano l’Oratorio di San Giovanni nella frazione di Leca, grazie all’entusiasmo di Don Luciano Bertora e Mario Beriolo, fondarono in data 1 giugno 1946 il reparto Leca 1°, con fazzolettone rosso e bordo giallo.

Agli inizi del 1946 alcune ragazze, seguendo l’esempio dei propri coetanei di sesso maschile, si riunirono in una “pseudo-squadriglia”, cui diedero il nome di “Stelle Alpine”; come gli esploratori indossarono una divisa completa di fazzolettone, fecero attività varie e uscite. L’anno successivo, venute a conoscenza dell’esistenza dell’Associazione Guide Italiane (A.G.I.), iniziarono i censimenti regolari. La partecipazione al campo regionale A.G.I., svoltosi i località Pian Paludo (Sassello – SV), portò ad un incremento di iscrizioni: al reparto Albenga “San Michele Arcangelo”, formato dalle squadriglie Stambecco e Capriolo, venne aggregata la squadriglia Rondini di Leca; fu aperto anche un “fuoco” che nel 1951 contava 9 scolte. Nel 1952 si tentò di aprire un cerchio di coccinelle che però ebbe vita breve.

Il 13 maggio 1946 tornò alla casa del Padre Don U. Barbera. La scomparsa del sacerdote che per anni era stato la guida spirituale degli scouts albenganesi provocò una diminuzione momentanea degli iscritti, che portò nel 1947 alla chiusura dell’Albenga 3°; delle sette squadriglie censite nel 1945 sopravvissero solo il Lupo e la Tigre. L’anno seguente venne censito, al Sacro Cuore, solo il “gruppo” Albenga 1° comprendente un branco di 35 lupetti, che venne affidato a Silvio Viglietti, e un reparto di 22 esploratori, sotto la guida di Filippo Basso. Il gruppo adottò il fazzoletto granata con bordo azzurro (ereditato dal reparto Albenga 2°), mentre il Branco conservò i colori granata con bordo giallo che aveva adottato nel 1945.

Agli inizi degli anni Cinquanta le file degli scouts cominciarono ad assotigliarsi, con ogni probabilità a causa di una sorta di immaturità dello scoutismo di allora e della scarsità di comunicazione con l’esterno. il fenomeno si accentuò, durante i lavori di ricostruzione dell’Opera del Sacro Cuore, poiché vennero a mancare i locali per le varie attività.
Restò solo un esiguo numero di esploratori, arroccati nel campanile, in quella sede che è divenuta da allora simbolo stesso dello scoutismo albenganese. Attorno ad essi si raccolse, a poco a poco, un gruppo eterogeneo di ragazzi, che, dopo aver improvvisato per qualche tempo riunioni e uscite, chiesero a Umberto Criscuoli, Beppe Basso e Silvio Viglietti di staccare dal chiodo il cappellone e di assumere la guida del reparto e del branco.

Guide a Leca d’Albenga.

Nel giro di qualche anno le branche raggiunsero il numero necessario per sviluppare attività più continue ed articolate. Si infittirono i rapporti con la provincia e la regione, si mitigò l’antica selvatichezza, gli orizzonti del gruppo si allargarono: i capi che s’avvicendarono alla direzione delle branche (verso la fine degli anni Cinquanta Mauro Ferrero aveva assunto la direzione del reparto, mentre Livio Bertonasco aveva sostituito Viglietti alla guida del branco) parteciparono ai campi-scuola nazionali; nacque una pattuglia di Rover facente parte del Clan Savona 1°, con il quale svolse una intensa attività, che, dopo il campo invernale e la Route di Noviziato, culminò con il secondo Campo Nazionale Rover (9/16 agosto 1959).

Gli anni 1962-64 furono caratterizzati da una profonda crisi. Tuttavia, a livello di iniziative individuali, un numero esiguo di esploratori si autogestiva: partecipava ai campi estivi insieme ad altri reparti della provincia e manteneva vivo lo spirito originario. A partire dal 1965 si formò un gruppo di nuovi capi tra pochi scouts che non avevano “gettato la spugna”; un segno di sicura ripresa fu la massiccia partecipazione ai campi di formazione, sia a livello regionale che nazionale. E grazie all’entusiasmo di Don Alberto Panizza fu riaperto il branco affidato a Oreste Simoncini e riprese in pieno anche l’attività degli esploratori; fu censito come caporeparto Sergio Savorè.

Agli inizi degli anni settanta vi fu una rilevante diminuzione di iscrizioni. Varie cause avevano allontanato e distolto molti capi storici dal servizio attivo nell’associazione. Tale fatto aveva portato, ovviamente, ad uno sbandamento e solo uno sparuto gruppo di Rover ed un piccolo manipolo di Esploratori erano rimasti “quasi” in vita. Al Sacro Cuore era arrivato già dal 1968 Don Pino Zunino grazie al quale iniziò una campagna di sensibilizzazione tesa a far conoscere lo scoutismo al maggior numero di ragazzi possibile.

Terreno fertile per questa azione si dimostrarono i campeggi estivi che la parrocchia organizzava ad Ormea; durante le settimane di campo il giovane curato ebbe modo di “rodare” i futuri capi e cercare gli elementi più idonei alla formazione del ricostituendo branco. Lentamente iniziando dai lupetti, lo scoutismo albenganese riprese quota. Invero, oltre all’attivismo di Don Pino, ed al risveglio della sparuta squadriglia superstite, gli ex-scouts dettero, per quanto possibile, il proprio contributo, a dimostrazione che il legame con un certo stile di vita e con le convinzioni di fede non erano assolutamente dimenticate. Negli anni immediatamente successivi si consolidarono le posizioni, il gruppo Albenga 1° riprese la propria vita anche a livello di zona, i censimenti tornarono regolari e pian piano finì la “semi-clandestinità”. Nel frattempo il mondo scout si stava evolvendo e qualcosa di importantissimo era accaduto.